IL FUMO

L'effetto del fumo sul palco ha contribuito alla spettacolarizzazione dei concerti dei ROCKETS creando atmosfere misteriose ed a tratti oniriche.

Quando i ROCKETS intrapresero il loro primo tour in Italia, avevano una macchina del fumo che produceva una piccola quantità di 'nebbia', che si propagava nell'aria e che andava a coprire solamente la parte centrale del palco, ovvero l'area in cui la macchina stessa era generalmente posizionata.

ROCKETS live nel 1977, la macchina del fumo in azione - © LesROCKETS.com

ROCKETS live nel 1977, la macchina del fumo in azione
© LesROCKETS.com

Christian Le Bartz investito da una coltre di 'nebbia' nel 1979 - Photo by A. D'Andrea - © LesROCKETS.com

Christian Le Bartz investito da una coltre di 'nebbia' nel 1979 - Photo by A. D'Andrea
© LesROCKETS.com

Per il tour del 1978 venne utilizzata una macchina ad olio e brillantina, costruita da Renato Neri, molto più potente della precedente e successivamente furono adottati altri modelli costruiti dalla società CTP di Cusago, in provincia di Milano, in grado di produrre dense quantità di fumo che si espandevano sul palco mediante dei comuni tubi di gomma da giardinaggio.
Per ottenere la diffusione del fumo, la macchina ad olio veniva messa in pressione attraverso l'utilizzo di apposite bombole caricate con anidride carbonica (CO2).

Le bombole furono sostituite dopo il 1980 con un compressore ad aria e nel 1984 con dei piccoli compressori, recuperati a Torino presso un demolitore, che, montati singolarmente sulle macchine da fumo, le rendevano indipendenti e semplificavano le operazioni di collegamento e stesura di tubi e bombole che davano spesso problemi per rotture e reperimento del gas.
Un piccolo compressore come quello utilizzato per le macchine del fumo era utilizzato contestualmente da Attila per lo svuotamento dei tubi dell'acqua del laser; l'operazione impiegava un po' di tempo, ma, mentre veniva smontato il resto del materiale impiegato sul palco, questo consentiva un loro completo svuotamento evitando gli allagamenti per i quali Attila era diventato famoso.

ROCKETS live nel 1980, il vapore prodotto dal ghiaccio secco investe il palco e cala tra il pubblico - Photo by M. Marrow - © LesROCKETS.com

ROCKETS live nel 1980, il vapore prodotto dal ghiaccio secco investe il palco e cala tra il pubblico - Photo by M. Marrow
© LesROCKETS.com

ROCKETS live nel 1982, il fumo prodotto dal ghiaccio secco sul palco - Photo by A. D'Andrea - © LesROCKETS.com

ROCKETS live nel 1982, il fumo prodotto dal ghiaccio secco sul palco - Photo by A. D'Andrea
© LesROCKETS.com

Nei tour del 1980 e del 1982, oltre alle macchine che producevano il fumo con il liquido oleoso profumato, vennero utilizzate anche due macchine per il ghiaccio secco che generavano una 'nebbia' di grande effetto, in quanto consentiva una propagazione uniforme su tutto il palco e la creazione di un 'tappeto' di fumo del quale una parte scivolava verso il basso del palco ed il pubblico ed una parte saliva verso l'alto.

Materiale per il fumo nei concerti nel 1980, bidone del ghiaccio secco e relativo tubo per la propagazione del fumo, sul retro bombole con anidride carbonica per la macchina ad olio - © LesROCKETS.com

Materiale per il fumo nei concerti nel 1980, bidone del ghiaccio secco e relativo tubo per la propagazione del fumo, sul retro bombole con anidride carbonica per la macchina ad olio
© LesROCKETS.com

Operazione di riempimento con acqua della macchina del ghiaccio secco per uno spettacolo nel 1980 - © LesROCKETS.com

Operazione di riempimento con acqua della macchina del ghiaccio secco per uno spettacolo nel 1980
© LesROCKETS.com

Ciascuna delle due macchine del ghiaccio secco utilizzate dai ROCKETS era costituita da due parti distinte, quella che consentiva la produzione del fumo e quella che ne permetteva la sua diffusione.

Per la produzione erano utilizzati due grossi bidoni riempiti d'acqua, che veniva portata ad alta temperatura, per essere bollente all'ora del concerto. Il riscaldamento era ottenuto attraverso l'utilizzo di una resistenza presente nella parte bassa del bidone, collegata all'impianto elettrico tramite un apposito attacco.
Al momento opportuno venivano introdotti nei bidoni i blocchi di ghiaccio, posizionati su appositi cestelli che, azionati mediante una comando elettrico, si abbassavano e a contatto con l'acqua bollente provocavano lo scioglimento del ghiaccio, che passava dallo stato solido a quello gassoso.

Il vapore generato era quindi convogliato dal sistema di propagazione; delle potenti ventole, posizionate sui coperchi dei bidoni che garantivano una chiusura ermetica, spingevano il fumo lungo due grossi tubi snodabili, agganciati nella parte superiore di ogni bidone tramite appositi raccordi con fori di 10 cm di diametro ciascuno. Le bocche terminali dei tubi, a seconda delle situazioni logistiche dei vari ambienti, erano posizionate in zone strategiche del palco in modo da assicurare la migliore riuscita dell'effetto.

Sul palco nel 1980, il tubo da giardinaggio rosso per la propagazione del fumo è appoggiato sul diffusore Cabotron - © LesROCKETS.com

Sul palco nel 1980, il tubo da giardinaggio rosso per la propagazione del fumo è appoggiato sul diffusore Cabotron
© LesROCKETS.com

Sul palco nel 1980, il grosso tubo per la propagazione del vapore del ghiaccio secco e quello rosso del fumo ad olio - © LesROCKETS.com

Sul palco nel 1980, il grosso tubo per la propagazione del vapore del ghiaccio secco e quello rosso del fumo ad olio
© LesROCKETS.com

I bidoni in cui veniva sciolto il ghiaccio erano alimentati con un trasformatore che portava la tensione da 380 volt trifase in 460 trifase, che è la tensione di alimentazione utilizzata nell'industria americana.

Il ghiaccio secco veniva conservato in blocchi nell'apposito contenitore, una cassa a tenuta termica, fornito da Asteria, la ditta produttrice del ghiaccio stesso; la cassa era a sua volta mantenuta protetta su uno dei camion di supporto al gruppo, questo sia per la sua deteriorabilità che per ovvi problemi di peso.

La giusta quantità di ghiaccio secco, necessaria alle esigenze dello spettacolo, era prelevata qualche istante prima dell'inizio del concerto, per evitare che i blocchi si riscaldassero troppo a contatto con l'aria.
Anche questa operazione richiedeva uno specifico intervento dei tecnici; Asteria infatti vendeva solo blocchi da 25 kg con dimensioni 30x30x30 cm circa che dovevano essere spezzati in parti più piccole, sia per problemi di dimensioni del cestello, sia per aumentare la superficie di scambio tra ghiaccio ed acqua calda, in modo da ottenere la produzione di una maggiore quantità di fumo.

Asteria aveva sedi sia a Milano che a Roma ed il rifornimento del ghiaccio doveva essere costante ed effettuato per tempo, in quanto la sua durata era di soli dieci giorni, rapportata alla lunghezza dei tour ed alla dispersione geografica con cui le varie date si susseguivano.